Riammissioni: illegali e in violazione del diritto di asilo

Da anni siamo impegnati in azioni di solidarietà agli esuli e ai migranti, specie lungo la rotta balcanica e per questo riteniamo estremamente importante fare chiarezza sulla pratica delle “riammissioni”, che recentemente il Ministro degli Interni, Matteo Piantedosi, ha dichiarato di voler rilanciare.

Uno stato può “riammettere” ovvero accettare il rientro di un individuo, che sia suo cittadino, di un paese terzo o apolide, dopo procedure amministrative ed operative dettagliate in linea con le leggi europee: non può essere riammesso, o meglio, respinto, chi richiede asilo. Non può esistere una riammissione “informale”.

L’illegalità delle riammissioni dei richiedenti asilo è stata sancita anche dal Tribunale di Roma il 18 gennaio 2021, giorno in cui è stato accolto il ricorso di un cittadino pakistano, riammesso nel luglio del 2020 dall’Italia alla Slovenia, da qui in Croazia e, in ultimo, respinto in Bosnia-Erzegovina.

A seguito di questa ordinanza le riammissioni erano state sospese e lo stesso Governo italiano aveva riconosciuto che,

in presenza della manifestazione della volontà del cittadino straniero di chiedere asilo, «non si da luogo alla riammissione».

Come denunciato dall’Ufficio Rifugiati di Trieste del Consorzio Italiano di Solidarietà (ICS):

«Nessuna riammissione, anche di quei cittadini stranieri che non chiedono asilo, può essere “informale” perché in uno stato di diritto ogni decisione della pubblica amministrazione deve sempre consistere in un provvedimento scritto, motivato e notificato alla persona affinché la decisione possa eventualmente essere impugnata in giudizio. La natura informale delle riammissioni le rende quindi chiaramente illegali in qualunque caso e circostanza esse vengano fatte, trasformandole in deportazioni di fatto, incompatibili con un ordinamento democratico».

Infatti, le “riammissioni informali” espongono i migranti a trattamenti inumani e degradanti e impediscono l’accesso alle procedure di asilo a coloro che si trovano nel territorio dell’Unione, per la maggioranza provenienti da zone di guerra come l’Afghanistan, la Siria o dalle regioni del Pakistan.

Non si possono ignorare da parte del Governo italiano sia le carenze nelle procedure di asilo in Slovenia e Croazia, sia i trattamenti violenti e disumani inflitti ai migranti dalla polizia croata al confine con la Bosnia-Erzegovina.

Ci uniamo, pertanto, come ISCOS alla denuncia fatta da tante associazioni contro questa forma di respingimento delle persone e chiediamo al Governo di rispettare sia le norme italiane e UE, sia le convenzioni internazionali sul diritto di asilo.

In questi anni di calo demografico, di ricerca affannosa di lavoratrici e lavoratori da parte delle nostre aziende e delle nostre istituzioni, chiediamo di promuovere l’immigrazione regolare, introducendo visti per la ricerca di lavoro.

Chiediamo di dare una possibilità legale di ingresso a chi vuole venire a vivere e lavorare in Italia.

La clandestinità aiuta soltanto chi vuole sfruttare il lavoro nero.

Foto di copertina di Markus Spiske su Unsplash

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