8 marzo 2013 Festa della Donna – Donne e crisi in Mali

Intervista a Oumou SALL SECK prima donna sindaco del Nord del Mali, eletta nel 2009 a Goundam, nei pressi di Timbuktu. Con padre di etnia Fulani e madre di etnia Tuaregh Ifogha, Oumou è coordinatrice del Movimento “Trait-d’Union” caratterizzato da una forte presenza di meticci e nato per poter giocare un ruolo importante nella riconciliazione nazionale. Nel mese di aprile 2012 è stata costretta a scappare da Goundam perché minacciata di morte dai gruppi islamici che hanno preso il controllo del Sahel maliano.

 A cura di Stefano Capotorti e Orietta Raghetti
 

ISCOS: Sei dal 2009 il primo sindaco donna nel Nord del Mali. Ma qual è stato e qual è oggi il ruolo della donna in Mali?

Oumou SALL SECK: Nel modello familiare maliano erano le donne che svolgevano i compiti più pesanti, faticosi, che compromettevano la salute e non generavano per loro nessun tipo di reddito, lasciandole quindi in un condizione di forte povertà. Il basso livello di istruzione di alfabetizzazione impediva loro di ambire ad un ruolo diverso. L’ignoranza sui loro diritti e doveri riduceva la loro partecipazione alla vita economica e politica, nonché l’accesso ai servizi sociali di base, peraltro quasi inesistenti o di pessima qualità e inadatti a rispondere a quelli che erano i bisogni delle popolazioni. Dipingendo questo quadro dobbiamo anche dire che la quasi totalità delle donne viveva in ambito rurale, e ciò rendeva loro difficile affermarsi in modo autonomo. Nonostante tutte queste difficoltà, dopo l’avvento della democrazia, che ha reso il terreno più propizio, le donne maliane in generale e quelle del nord del paese in particolare, si sono risolutamente impegnate per diventare protagoniste nella gestione degli affari pubblici, riuscendo in qualche caso ad assumere un ruolo in ambito politico. Sul piano socio-economico, le donne hanno sviluppato attività di vario genere (orticultura, trasformazione agro-alimentare, allevamenti, tintura dei tessuti, fabbricazione del sapone, cucito, anche in riconversione delle donne che praticavano l’escissione come nel caso di Goundam), contribuendo in questo modo a migliorare l’economia famigliare. Tutte queste attività sono state peraltro sostenute da formazioni specifiche in alfabetizzazione funzionale ed in gestione.

I:L’occupazione del Nord del Mali e l’imposizione della Sharia ha scagliato la donna indietro nel tempo. Com’è dal tuo punto di vista la realtà attuale? Il fondamentalismo di oggi è peggiore di quello vissuto durante la monarchia?

OSS: Sfortunatamente, l’occupazione del nord del Mali – che corrisponde ai 2/3 di un territorio di 1.241.000 km² – da parte prima di banditi armati (MNLA) ed in seguito da parte di terroristi narcotrafficanti, sedicenti signori della Sharia, ha portato questi invasori a saccheggiare, rubare e distruggere tutti i nostri beni pubblici e privati, costruiti dall’indipendenza ai nostri giorni. Questi banditi senza scrupoli hanno perpetrato violenze di tutti i generi sulle donne, commettendo stupri o obbligandole a matrimoni forzati multipli – le donne vengono costrette a sposarsi con il loro stupratore prima di subire violenza – che costituiscono un’altra forma di stupro collettivo praticato da due a sei uomini sulla stessa donna. Hanno lapidato coppie, tagliato mani e piedi, umiliato in tutti i modi le nostre fiere popolazioni, arrivando fino ad imporre il tipo di abbigliamento per donne e uomini. Essi hanno vietato alle donne stesse l’accesso alle loro attività quotidiane extrafamigliari, giustificando questa imposizione con il fatto che le donne devono restare relegate tra le mura domestiche ed ignorando che molte di loro sono capi di famiglia e sopportano sole il carico dei figli. Essi hanno distrutto le installazioni della radio e della televisione nazionali, obbligando alle radio locali, pena la distruzione delle installazioni, a trasmettere programmi di divulgazione e d’imposizione della loro sedicente legge islamica. Tutte le donne rimaste nel nord del Mali si sono ritrovate tra le braccia il carico dei figli che non frequentano più la scuola ed il cui avvenire è seriamente compromesso dalla tragedia umana che sono stati costretti a vivere. A tutto questo, bisogna aggiungere da una parte il caso delle donne sfollate nel sud del paese, che vivono in condizioni estremamente difficili e, dall’altra, quello delle donne rifugiate nei campi profughi, che vivono in condizioni ancora più precarie. Le conseguenze più gravi della guerra sono la lacerazione del tessuto sociale, la distruzione della coesione tra le comunità e la crescita dell’odio e della diffidenza tra popolazioni di differenti etnie che convivono da sempre nello stesso territorio.

I: Un odio ed una diffidenza che si teme possano degenerare in guerra civile. Per riportare la pace in Mali ci sarà bisogno del contributo di tutti. Secondo te quale dovrà essere il ruolo delle donne e del movimento “Trait-d’Union”, di cui sei coordinatrice?

OSS: Le donne devono essere in prima linea nel processo di riconciliazione nazionale perché sono loro che restano le più vulnerabili e le più colpite dalla crisi. Per la ricostruzione del tessuto sociale, la donna deve essere al centro del dialogo, attraverso attività idonee di sensibilizzazione e d’informazione, per creare e favorire lo sviluppo di un quadro d’interscambio tra le diverse comunità e ripensare “il vivere insieme”. Una volta instaurata la pace, il governo maliano ed i suoi partner esterni devono rafforzare la posizione e le condizioni delle donne, affinché esse possano partecipare nel migliore dei modi alla ricostruzione del paese a tutti i livelli. Perché il vero sviluppo ruota intorno alle priorità delle donne. In questa ottica, il “ Mouvement Trait-d’Union “, di cui ho la fortuna di assicurare il coordinamento, è stato fondato per giocare un ruolo importante nella riconciliazione nazionale. La particolarità, il meticciaggio etnico, dei membri fondatori, che rappresenta in scala ridotta la comunità multietnica maliana, impone questa riconciliazione.

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