Compie 30 anni la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e l’adolescenza


Compie 30 anni la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e l’adolescenza
La Giornata internazionale sui diritti dell’infanzia e l’adolescenza, che si è celebrata il 20 novembre in tutto il mondo e con diverse iniziative, è servita per ricordare e riflettere, a distanza di 30 anni dalla sua istituzione, sui principi contenuti nella omonima Convenzione dell’ONU del 1989 che continua ad impegnare gli stati che l’hanno sottoscritta a garanzia dei diritti per ogni bambino e adolescente che si trova sotto la propria giurisdizione. Ciò “senza distinzione di sorta ed a prescindere da ogni considerazione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o altra del fanciullo o dei suoi genitori o rappresentanti legali, dalla loro origine nazionale, etnica o sociale, dalla loro situazione finanziaria, dalla loro incapacità, dalla loro nascita o da ogni altra circostanza”. “Gli Stati parti adottano tutti i provvedimenti appropriati affinché il fanciullo sia effettivamente tutelato contro ogni forma di discriminazione”. “Gli Stati parti vigilano affinché questi diritti siano attuati in conformità con la loro legislazione nazionale e con gli obblighi che sono imposti loro dagli strumenti internazionali applicabili in materia, in particolare nei casi in cui se ciò non fosse fatto, il fanciullo verrebbe a trovarsi apolide”. Attualmente sono 194 i paesi che hanno aderito alla Convenzione ad eccezione degli Stati Uniti. L’Italia ha ratificato la Convenzione nel 1991 tramite la legge n. 176, mentre l’ultimo paese è stata la Somalia. Nonostante i progressi compiuti nell’arco di questi 30 anni, i diritti di bambini, bambine e adolescenti un po’ ovunque non vengono rispettati pienamente e proprio per questo l’Agenda ONU 2030 ha fatto del superamento di questo problema uno dei suoi obiettivi per lo sviluppo sostenibile. Da quando è stata emanata la Convenzione, registra l’ultimo Rapporto Unicef, sono stati raggiunti traguardi storici: il tasso globale di mortalità tra i bambini sotto i 5 anni è diminuito di circa il 60%; il numero di bambini che non frequentano la scuola primaria è sceso dal 18 all’8%; i principi base della Convenzione (non discriminazione, superiore interesse del minore, diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo, diritto alla protezione) hanno influenzato in tutto il mondo le legislazioni nazionali e le strategie politiche e sociali. Ma questi risultati non hanno avuto una loro omogenea realizzazione, perché ancora oggi: oltre un quarto della popolazione infantile globale vive in paesi colpiti da conflitti o disastri naturali, che ne aumentano le condizioni di povertà e ne moltiplicano  Il numero di violazioni gravi (dal 2010 si è quasi triplicato); quasi 20 milioni di bambini sono esposti al rischio di contrarre malattie perché subiscono spesso la sospensione delle vaccinazioni ordinarie; più di 800 bambini muoiono ogni giorno a causa di malattie diarroiche legate alla carenza di acqua potabile e servizi igienici e sanitari; nonostante i tassi di matrimoni precoci siano diminuiti a livello globale, in diversi stati le ragazze appartenenti alle fasce sociali più povere corrono rischi maggiori rispetto al 1989; Insomma, una strada che rimane tutta in salita e su cui occorre investire per far sì che nel 2030 il maggior numero di questi problemi sia portato a soluzione. Anche in Italia non è tutto “rose e fiori”. Da noi vivono circa 10 milioni di bambini e ragazzi di minore età, circa il 12,1% di essi vive in povertà assoluta, non solo dal punto di vista materiale ma anche in termini di istruzione, protezione sociale, cure sanitarie appropriate, diritto al gioco e alla spensieratezza. Esiste, inoltre, il fenomeno delle mutilazioni genitali femminili che come Coordinamento donne stiamo contrastando da qualche anno attraverso una nostra specifica campagna di sensibilizzazione permanente anche nei luoghi di lavoro, e quello dei matrimoni forzati, specie tra le famiglie di immigrati, ovvero il matrimonio tra adolescenti. Fortunatamente, ci siamo dotati di recente di una legge, denominata “Codice rosso”, che affronta, tra le altre, queste forme di violenza perseguendole anche se commesse in un paese straniero. Le celebrazioni servono a poco se non seguono poi riscontri e impegni concreti, ma fare ogni anno esercizio di memoria  rimane in qualche modo la strada maestra per smuovere le coscienze e i governi e fare in modo di ottenere buoni risultati, piccoli o grandi che siano, su questioni che sono prioritarie e che riguardano il nostro futuro, i nostri figli e le nostre figlie. E se loro sono il nostro futuro, occorre trovare rapidamente risposte anche al dramma della denatalità che colpisce in particolar modo il nostro Paese, dove fare un figlio è diventata una delle cause principali, insieme alla perdita del posto di lavoro del capofamiglia, di povertà.  Per invertire questo trend serve un Patto per la natalità, come più volte richiamato dalla Cisl, che comprenda rilancio dell’occupazione femminile, investimenti seri sul welfare in chiave conciliativa e strutturazione dei servizi a livello capillare sul territorio nazionale e soprattutto a Sud.
Liliana Ocmin

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