Il sostegno della società civile marocchina alle fasce più deboli della popolazione durante l’emergenza per il Covid-19

L’esperienza dell’Associazione Tahadi di Casablanca
di Isabella Panfili, Coordinatrice progetti Iscos Marche in Marocco


La diffusione del Covid-19 porta con sé numerosi problemi di carattere sociale che colpiscono le fasce più deboli della popolazione: donne, gruppi vulnerabili e giovani. 
L’esempio delle donne vittime di violenza domestica in tutto il mondo è lampante.

“Quattro miliardi di persone sono chiamate oggi a restare a casa per proteggersi dalla pandemia mondiale di Covid-19. Ma questa misura di protezione nasconde un altro pericolo mortale. Vediamo diffondersi un’epidemia fantasma, quella della violenza sulle donne [..] Il confinamento esaspera le tensioni e lo stress creati dal bisogno di sicurezza, di salute e di denaro, rinforzando l’isolamento delle donne con un partner violento e separandole dalle persone e dalle risorse capaci di fornire un aiuto. E’ la tempesta ideale per lasciare libero corso ai comportamenti violenti e dominatori, dietro le porte chiuse.”
 (Phumzile Mlambo-Ngcuka, Direttore Esecutivo UN Women, lunedi 06 Aprile 2020)

Anche in Marocco, la società civile si mobilita per offrire una risposta ad alcuni di questi problemi.
Abbiamo pertanto pensato di offrirvi uno spaccato di questo impegno che viene “dal basso”, di una solidarietà che vede fianco a fianco professionisti e operatori dei servizi, volontari, ma anche semplici cittadini e cittadine, attori del mondo economico e responsabili delle Istituzioni. Abbiamo scelto Casablanca, principalmente perchè dall’esplosione della pandemia, la Regione di Casablanca-Settat è stata la più colpita dal virus, con più di 900 casi al 22 Aprile 2020 (Fonte: Ministero della Salute del Marocco). Ma c’è anche un’altra ragione. Nella città di Casablanca, megalopoli con più di 4 milioni di abitanti, si riflettono in maniera unica tutta la complessità, la ricchezza e le problematiche di una società in transizione.
  Bouchra Abdou
Dal nostro incontro virtuale con Bouchra Abdou, Direttrice dell’Associazione Tahadi per l’Uguaglianza e la Cittadinanza, emergono diversi elementi di riflessione. 

Come proteggere tutti i cittadini e le cittadine dai rischi connessi alla diffusione del virus? Come limitare l’impatto delle diseguaglianze preesistenti sulle possibilità per ciascuno e ciascuna di godere a pieno titolo dei propri diritti alla salute, alla sicurezza, alla protezione sociale? E, per finire, come far si che le misure che andiamo ad attuare per ridurre i rischi di contagio non abbiano conseguenze negative su chi vive già in una condizione di vulnerabilità?
Con sede a Casablanca, l’Associazione Tahadi è connotata da un forte radicamento territoriale. Potresti raccontarci in poche parole la vostra storia in questo contesto caratterizzato da dinamiche socio-economiche e culturali estremamente complesse?
Sin dalla sua creazione, l’Associazione Tahadi ha avuto una vocazione di associazione di quartiere, più precisamente del distretto di Derb Ghallef, qualificato come una delle zone più “calde” di Casablanca, densa di problematiche sociali di ogni tipo: povertà estrema, aggressioni e criminalità, violenza di genere, ignoranza, delinquenza, prostituzione, estremismo, traffico di droga, abbandono scolastico…

L’Associazione è stata costituita nel 2003 da un gruppo di giovani che si rifiutavano di rimanere indifferenti di fronte a una situazione così critica, spinti dal desiderio di vedere migliorare le cose. Nelle sue fasi iniziali, guidata da un principio di “sostenibilità sociale”, dalla preoccupazione di rendere il quartiere un luogo più vivibile e di migliorare la qualità della vita dei suoi abitanti, l’Associazione Tahadi ha avuto essenzialmente una vocazione ambientale. 
Tuttavia, la natura dinamica del lavoro di prossimità (un attributo distintivo dell’Associazione) e l’interazione ininterrotta tra le crescenti esigenze della popolazione e i servizi offerti, sono stati all’origine della nuova visione dell’Associazione, che ha quindi ampliato la sua missione e diversificato i suoi campi d’azione per diventare Associazione Tahadi per l’Uguaglianza e la Cittadinanza (ATEC).
Attualmente l’ATEC svolge un ruolo chiave nella vita quotidiana degli abitanti di Casablanca, i suoi locali sono diventati un’infrastruttura essenziale nel quartiere come qualsiasi altra istituzione pubblica (scuola, dispensario,…) dove gli abitanti vengono regolarmente a cercare soluzioni per i loro problemi e risposte alle loro preoccupazioni.

Il lavoro svolto dall’ATEC nel distretto di Derb Ghallef vuole essere inteso come un contributo per la creazione delle basi di una società democratica, moderna e tollerante, in cui i valori umani e universali di libertà, uguaglianza e cittadinanza hanno la precedenza. 
“Agire nel mio vicinato per costruire la mia società” è quindi uno slogan centrale nel lavoro dell’ATEC e in questo contesto l’intera popolazione è il nostro obiettivo. Guidati da un approccio partecipativo ai problemi della popolazione (affrontati in prospettiva legale, sociale e di genere), i servizi del centro sono richiesti principalmente da:
DONNE:
 • vittime di violenza, beneficiarie di servizi di ascolto, orientamento, supporto legale e psicologico; • povere, analfabete e/o disoccupate che vogliono imparare a leggere e scrivere, sviluppare competenze per diventare autonome ma anche donne che vengono a cercare assistenza sociale, abitativa, medicine, vestiti e persino il montone per la festa musulmana dell’Eid;
 • madri single, che chiedono il nostro sostegno per la registrazione dei loro figli all’anagrafe.

BAMBINI E GIOVANI
: • bisognosi di servizi di ascolto e supporto psicologico. A questo proposito, ATEC organizza regolarmente nelle scuole locali delle sessioni di ascolto per gli studenti, mentre i casi che richiedono un follow-up più rigoroso vengono trasferiti al centro;
 • che sono alla ricerca di opportunità di formazione, supporto e inserimento professionale e/o che desiderano imparare le lingue straniere (in quest’ultimo caso, i corsi di lingua sono offerti in collaborazione con volontari stranieri); 
• che necessitano di sostegno allo studio (a riguardo, ATEC lavora da anni contro l’abbandono scolastico in ambienti precari);
 • che desiderano semplicemente partecipare alle attività di svago e socializzazione organizzate dall’Associazione.

In Marocco, la regione di Casablanca-Settat registra il maggior numero di persone infette da Covid-19. Potresti descrivere brevemente la risposta degli abitanti di Casablanca alle limitazioni volte a ridurre il rischio di diffusione del virus?
Bisogna riconoscere che, nel contesto della diffusione della pandemia anche nel Regno del Marocco, lo Stato e il Governo hanno dato prova di un notevole impegno dinamico, attuando da subito una serie di misure proattive importanti. Sfortunatamente però, i dati socio-culturali ed economici non li hanno sempre aiutati. Spesso la società marocchina non ha preso sul serio la pandemia e i rischi ad essa connessi, anche in virtù di una ancora diffusa tendenza a dare credito a superstizioni e interpretazioni mitiche nonché a voci e pettegolezzi. Di conseguenza, la reazione della popolazione non ha sempre corrisposto alle attese. Allo stesso modo, il tessuto economico marocchino (costituito in gran parte da attività informali) ha faticato ad adattarsi al confinamento, soprattutto a causa dell’assenza di indennità e altri meccanismi di protezione. N.B. circa un mese dopo la dichiarazione dello stato di emergenza sanitaria, il governo ha deciso di risarcire alcune famiglie colpite dal confinamento, ma qui stiamo parlando di un mese intero che è passato senza alcun risarcimento. Inoltre, l’indennità per ciascuna famiglia è significativamente inferiore ai potenziali guadagni che sono stati persi.
La necessità di limitare la diffusione del virus, l’obbligo di rispettare il confinamento e le altre limitazioni imposte dalle autorità, l’urgenza di proteggere la salute di dipendenti, professionisti e volontari … Come sono cambiate le vostre procedure di presa in carico e come riuscite ad oggi a venire incontro ai bisogni dei vostri beneficiari?
Come qualsiasi altro attore nazionale o residente, l’ATEC non ha esitato a conformarsi alle decisioni statali volte ad arginare la diffusione della pandemia di Covid-19. Inizialmente, abbiamo dunque sospeso tutte le attività collettive e quelle per le quali era prevista una partecipazione numerosa, mantenendo i servizi quotidiani resi nell’ambito del centro di ascolto e di orientamento legale, nonché le azioni con una partecipazione molto limitata, e rispettando, ovviamente, le misure generali di prevenzione e igiene (uso di mascherine, guanti, prodotti per la disinfezione …). Ma con l’adozione dello stato di emergenza sanitaria il 20 marzo 2020, abbiamo dovuto rivedere tutti i nostri metodi operativi, optando essenzialmente per il telelavoro e inaugurando un importante cantiere di riflessione e consultazione (interno e nei confronti dei partner) al fine di trovare le soluzioni in grado di garantire la continuità delle nostre azioni nel rispetto dei vincoli della nuova situazione.
A livello locale, al momento, abbiamo un agente di quartiere che lavora a tempo pieno in coordinamento con un team di volontari sparsi in varie aree del territorio per identificare le problematiche esistenti. L’agente di quartiere è in contatto permanente e diretto con la popolazione. Al di fuori dell’ambito strettamente locale, l’ATEC beneficia della collaborazione di una vasta rete di Associazioni dislocate su tutto il territorio di Casablanca nonché a livello nazionale e internazionale, che trasferiscono casi che potrebbero beneficiare dei nostri servizi. Altri casi vengono spesso trasferiti a noi dai servizi statali, che ci conoscono attraverso il lavoro quotidiano o con i quali abbiamo partenariati ufficiali (Cellule antiviolenza collegate al tribunale e ai servizi di sicurezza e mutua assistenza,…). Alcuni casi giungono a noi anche attraverso la nostra pagina Facebook e tramite telefono. Il supporto legale o sanitario resterà sospeso durante il confinamento, ma riprenderà immediatamente dopo la fine di questo periodo.
Sulla base della vostra esperienza diretta con le donne di Derb Ghallef, quali sono le vostre preoccupazioni principali in questo momento?
Gli ostacoli che devono affrontare le donne in Marocco oggi nel loro cammino verso la parità di genere sono ancora numerosi, di ordine culturale ed economico, oltre agli ostacoli legati alla mancanza di istruzione e formazione, all’ignoranza e all’analfabetismo. L’assenza di supporto durante la fase di transizione che separa il momento in cui la donna prende la decisione di essere indipendente e il momento in cui diventa effettivamente  capace di farsi carico di se stessa, gioca un ruolo cruciale. Durante questa fase, la donna deve sostenere se stessa e i suoi figli, senza considerare tutti gli sforzi legati alla necessità di formarsi, apprendere, trovare un lavoro o avviare la propria attività imprenditoriale. Pensando a queste difficoltà, molte donne si scoraggiano e rinunciano prematuramente a prendere questa strada. Inoltre, le donne (specialmente quelle in condizione di particolare vulnerabilità) riscontrano evidentemente delle difficoltà ad accedere ad opportunità di finanziamento (le cui condizioni sono peraltro spesso considerate eccessive), mentre un’economia spesso rigida le spinge a optare per attività a basso valore aggiunto (piccoli commerci, mansioni saltuarie,…) e a reddito molto basso. Per quanto riguarda la diffusione del Covid-19, siamo senza dubbio preoccupati per il destino delle migliaia di donne che oggi sono condannate a restare rinchiuse in casa insieme ai loro reali o potenziali aggressori. Nonostante i notevoli progressi registrati negli ultimi anni anche a livello di attitudini e percezioni, persiste in Marocco una misoginia strettamente legata a una società maschilista che non esita a usare la religione, i costumi, la storia e la morale per segnalare la sua ostilità alle donne. Una misoginia che si manifesta e che si esprime ogni volta che la crisi economica si aggrava, che la povertà peggiora, la disoccupazione aumenta e i sentimenti di debolezza, disperazione e amarezza che ne derivano si esasperano. L’interpretazione misogina ritiene che il fatto che le donne abbiano lasciato le loro case e siano entrate nel mondo del lavoro sia la causa di questa sofferenza. Questa tesi continua la sua analisi per giungere alla conclusione che, in assenza di una reazione umana per rettificare la situazione, è la volontà divina ad imporsi. La punizione divina si manifesta a volte per mancanza di pioggia che porta alla siccità, a volte per altri disastri naturali. Per queste persone, il coronavirus è un’espressione del rifiuto di Dio verso l’uscita delle donne nello spazio pubblico nonché verso “la fornicazione e l’adulterio” che l’hanno accompagnata.
Potresti aiutarci a capire meglio il lavoro che state portando avanti per proteggere le donne vittime di violenza domestica nella situazione attuale?
Durante il confinamento, le donne vittime di violenza domestica sono costrette a convivere sotto lo stesso tetto con i loro aggressori, con enormi rischi per la loro integrità psicologica e fisica. Questa è stata una delle principali preoccupazioni dell’ATEC dalla dichiarazione dello stato di emergenza sanitaria, in particolare per le donne più colpite dalla povertà e dalla miseria, totalmente sprovviste di alternative.
L’Associazione ha pertanto adottato una serie di misure specifiche. In primo luogo, è stato rilasciato un comunicato stampa per attirare l’attenzione dell’opinione pubblica e richiamare i decisori politici alle loro responsabilità.

L’Associazione ha pertanto messo a disposizione delle beneficiarie attuali e potenziali i numeri di telefono per l’ascolto e il supporto psicologico a distanza. In coordinamento con l’Entraide Nationale (i nostri Servizi Sociali, ndr) e la Prefettura di Casablanca-Anfa, l’ATEC ha provveduto a riservare uno spazio all’interno del centro abitativo temporaneo recentemente creato all’interno della Casa dei Giovani di Derb Ghallef (vedi sotto, ndr) per ospitare, laddove necessario, questa categoria di donne. Sfortunatamente, non abbiamo ancora meccanismi legali su cui fare affidamento per proteggere queste donne durante il periodo di confinamento. A riguardo, bisogna dire che, in questo momento, è soprattutto la società civile ad essere molto attiva e che sta cercando, con i suoi mezzi limitati, di colmare il vuoto normativo.
Il Covid-19 colpisce in modo significativo i più vulnerabili. Le misure adottate per limitare la diffusione della pandemia richiedono a tutti noi una rigida disciplina che non sempre è alla portata di tutti (ad esempio le persone senza fissa dimora). Quali tipi di azioni avete intrapreso per proteggere questi gruppi che sono più esposti al rischio di infezione?
Fedele alla sua identità di organizzazione per la difesa dei diritti umani attiva a livello locale, che pone al centro della sua mission i bisogni della popolazione, l’ATEC si è affrettata a rispondere alle nuove esigenze e problematiche del territorio al fine di garantire i diritti dei più vulnerabili. Sono state pertanto messe in campo una serie di iniziative di informazione: campagne di sensibilizzazione, tour porta a porta nelle strade e nei vicoli del quartiere Derb Ghallef, distribuzione di alimenti per le famiglie più bisognose, distribuzione di prodotti per la disinfezione, pagamento dell’affitto per alcune madri e donne single del quartiere in circostanze particolarmente difficili.

D’altro canto, in collaborazione con i Servizi Sociali e la Prefettura di Casablanca-Anfa, l’ATEC ha contribuito alla creazione, con urgenza, dello spazio abitativo temporaneo all’interno della Centro Giovanile di Derb Ghallef, per ospitare le persone senza fissa dimora che, data la loro particolare situazione, sono più esposte al rischio di contrarre il virus.
Nello svolgimento di tutte le sue azioni, ATEC ha anche beneficiato del sostegno di numerosi benefattori, associazioni amiche, semplici cittadini ma anche alcuni attori del mondo economico. Rispetto a questi ultimi, il ristorante La Flèche offre regolarmente pasti gratuiti per una trentina di persone e ha finanziato 16 panieri per le famiglie del quartiere. L’Idou Anfa Hotel ha donato quaranta asciugamani. Infine, anche il McDonald’s locale ha dimostrato, sin dall’inizio dell’operazione di sostegno abitativo, la sua disponibilità a inviarci i pasti, non appena ne avremo bisogno.
La testimonianza di Bouchra e dell’Associazione Tahadi ci lascia forse un po’ inquieti ma anche fiduciosi. Inquieti per le tante sfide, per i problemi ancora da risolvere, perché il cammino è lungo prima di arrivare ad abbattere le diseguaglianze e garantire a tutti e tutte pieni diritti e autonomia di scelta e di azione. E non solo in Marocco. Ma fiduciosi, sì, perché le testimonianze come questa ci ricordano che ovunque nel mondo gli sforzi si moltiplicano, che la società civile è attiva e che gli uomini e le donne del mondo stanno acquisendo consapevolezza del loro essere cittadini e cittadine “a parte intera”, portatori di diritti e doveri, condizione indispensabile per uno sviluppo globale equo e sostenibile.
 

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