Brasile: il negazionismo di Bolsonaro e l’illusione della normalità

Articolo di Matteo Finco (corrispondente dal Brasile)

Il presidente brasiliano Jair Bolsonaro, anche senza far più parte di alcun partito, è il simbolo vincente di un’estrema destra legata ai latifondisti terrieri e ai gruppi evangelici, militarista e tradizionalista, ultra-liberista e conservatrice. Nonostante ormai i morti siano quasi 190mila, i casi 7,4 milioni – e nonostante l’aumento nelle ultime settimane tanto dei decessi quanto dei contagi – Bolsonaro – che fin dall’inizio ha minimizzato il peso della pandemia, ostacolato le misure di prevenzione più dure adottate da alcuni Stati della Federazione e ignorato personalmente le più elementari norme di distanziamento e precauzione – gode di un livello di popolarità abbastanza elevato. Secondo una ricerca diffusa a inizio dicembre (Ibope), il 35% dei brasiliani definisce il suo governo “ottimo o buono” e il 30% “regolare”, mentre un altro 33% lo giudicapessimo” (il 2% non sa rispondere).

Dopo aver affermato che il Covid-19 non era altro che una “piccola influenza” e che in Italia c’erano molti morti perché “è un paese di anziani”, Bolsonaro – ex militare e da trent’anni in Parlamento – non ha mostrato incertezza neanche quando lui stesso è stato contagiato. E non ha cambiato idea. Il 17 dicembre ha dichiarato ad esempio che la somministrazione del vaccino non potrà essere obbligatoria e soprattutto che è perfettamente legittimo decidere di non vaccinarsi. Lui stesso non lo farà, in quanto, ha aggiunto, si potrebbero avere effetti collaterali imprevisti: alle donne potrebbe spuntare la barba, e gli uomini potrebbero iniziare a parlare in maniera effemminata.

Se in qualsiasi altro paese democratico è difficile immaginare un capo di governo esprimersi così, a pena di fortissime critiche al di là delle convizioni politiche, in Brasile invece larga parte della popolazione non smette di appoggiare il proprio leader. Non soltanto Bolsonaro, con il suo negazionismo, risulta rassicurante, ma infonde una vera e propria fiducia: a coloro interessati ad evitare li effetti della pandemia nei loro affari (es. latifondisti e imprenditori), a coloro che possono permettersi un isolamento controllato, potendo lavorare a distanza, avendo le risorse per viaggiare ed eventualmente per curarsi; e a coloro che non possono permettersi di non lavorare, perché ne va della loro sopravvivenza. Infatti, il lavoro informale e quello a basso reddito è realtà per larga parte della popolazione (secondo l’istituto nazionale di geografia e statistiche il Brasile è il nono paese più diseguale al mondo).

Mentre altri paesi dell’America latina – Cile, Messico, Costa Rica – hanno iniziato la campagna di vaccinazione, in Brasile ancora c’è una grande incertezza. Il vaccino CoronaVac, sviluppato dall’azienda cinese Sinovac in collaborazione con l’istituto brasiliano Butanta, è ancora in fase di sperimentazione, e non è stata dichiarata ufficialmente la sua efficacia. In ogni caso, ha detto Bolsonaro, neanche una volta approvato dall’Anvisa, l’autorità di vigilanza sanitaria, esso sarà disponibile per tutta la popolazione.

Così, mentre larga parte del mondo affronta la cosiddetta “seconda ondata” del virus, in Brasile sarebbe arduo affermare che la prima sia passata: gli Stati di San Paolo, Rio de Janeiro e Mina Gerais, tre dei più ricchi, sono in testa per numero di contagi. In altri 14 gli indici delle ultime settimane indicano un aumento, in 8 la tendenza è stabile, mentre soltanto nello Stato di Maranhão c’è una diminuzione.

Al di là della retorica, tuttavia, e nonostante quasi tutte le attività siano riprese ormai da mesi a ritmi normali o quasi, non è possibile ignorare i pesanti effetti della pandemia per la popolazione più fragile: secondo l’Oxfam (confederazione internazionale di organizzazioni non profit dedite alla riduzione della povertà globale), la disoccupazione dei giovani fra i 18 e i 24 anni è arrivata al 27,1% (media nazionale), colpendo soprattutto donne e persone di etnia “negra” (neri e pardos, di etnia “mista”), mentre in generale i salari sono diminuiti in media del 18%. Altro settore fortemente colpito è quello della scuola pubblica: mentre le scuole private, frequentate dai figli della cosiddetta “classe media” e di quella “alta”, hanno reagito subito attivando la didattica a distanza, la maggior parte di quelle pubbliche ha interrotto o fortemente ridotto la propria attività, anche perché le famiglie più povere non hanno accesso a computer, tablet e in molti casi neanche a Internet.

Tutto ciò però non preoccupa il governo, che ha annunciato di non voler rinnovare l’ausilio emergenziale istituito ad aprile: poche decine di euro, che hanno però permesso a molte famiglie di sopravvivere nei primi mesi della pandemia. Proprio perché si tratta di una misura di emergenza, ha detto Bolsonaro, non può essere prorogato all’infinito.

Mentre larga parte del mondo aspetta dunque che la campagna vaccinale coinvolga il maggior numero di persone nel più breve tempo possibile, Bolsonaro suggerisce la soluzione per il Brasile: come ha dichiarato il 23 dicembre, il miglior vaccino è prendere il virus e sviluppare così gli anticorpi.

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