L’acqua in Salvador. Salvare il Cerrón Grande

Articolo scritto da Emanuele Bompan, ripreso dal sito web di Water Grabbing Observatory https://www.watergrabbing.com/el-salvador/
Foto di Beatrice Palladini Iemma

Stormi di cormorani sorvolano l’acqua del Cerrón Grande in formazioni a V, sfruttando i vortici generati dal capofila. A migliaia si scorgono sugli alberi lungo la costa del corpo d’acqua o sulle rocce, oramai bianche per le deiezioni dei pennuti. Silenziosi ed eleganti, trafficano il cielo riflettendosi nell’acqua, volando in ogni direzione alla ricerca di pesce o molluschi. Alcuni seguono la barca dei ranger, che avanza a fatica tra i giacinti d’acqua sgargianti, una matassa senza fine di radici e fiori che pare ricopra come un manto gran parte del lago, con campiture geometriche, rendendolo quasi un labirinto, impenetrabile se non per le poche, esperte guide. I fiori ovunque punteggiano il verde delle foglie, attirando api e farfalle.
Ma lo scenario idilliaco è un inganno. Nonostante l’apparente spettacolo naturale, quest’abbondanza di giacinti d’acqua, e di cormorani, notoriamente specie ultra-invasive, sono un segnale di pessima salute del Cerrón Grande, noto anche come lago Suchitlán. Il bacino acquifero non salato più grande di El Salvador è gravemente malato.
«Senza il Cerrón il paese non beve», spiega Luis Armando Pineda, tecnico del ministero dell’Ambiente salvadoregno. Ma quello che beve non è certo acqua di qualità. Le concentrazioni di mercurio e piombo sono altissime. Secondo uno studio dell’Universidad de El Salvador “nei pesci di uno dei tributari è stata riscontrata una concentrazione media per l’area studiata di 4,25 milligrammi di mercurio e 2,29 milligrammi di piombo per chilogrammo di peso corporeo”. I dati puntuali sull’acqua del lago non sono disponibili. Eppure la presenza del giacinto e del cormorano sono indici evidenti dello stato di salute del Cerrón. Il giacinto, infatti, prospera nelle acque inquinate, essendo resistente ai metalli pesanti, fungendo anzi da depuratore. Il cormorano, invece, non avendo nemici naturali presenti nell’area dovuta all’antropizzazione e all’inquinamento, può riprodursi senza controllo. Creando una situazione ambientale esplosiva.
«La contaminazione è un problema diretto per gli abitanti locali. Oltre duemila persone vivono di pesca», dice Raul Sanchez, direttore della Cooperativa Suchitotol, pancia immensa, e uno sguardo di chi conosce a menadito il suo territorio. «Eppure il pesce è poco salubre, oltre che gli stock ittici sono stati ridotti drasticamente dall’invasione di cormorani e la pesca ostacolata dalle ninfee. L’inquinamento delle acque è una dannazione».
L’acqua contaminata arriva in particolare dal fiume Acelhuate che attraversa diciotto comuni, ricevendo la metà degli scarichi liquidi della capitale San Salvador, in particolare quelli industriali. A sua volta il lago alimenta il fiume Lempa utilizzato per la generazione di elettricità, irrigazione e come fonte di acqua potabile e industriale. «Sebbene si lavori costantemente per migliorarle, le infrastrutture per la depurazione sono insufficienti», continua Pineda. «Troppe aziende salvadoregne rifiutano di dotarsi d’impianti di depurazione o stoccando i reflui contaminati. Mentre le città non hanno soldi e risorse tecniche per gestire gli scarichi».
Secondo la ministra dell’ambiente Lina Pohl, il 70% dell’acqua salvadoregna è contaminata. Ma per le associazioni ambientaliste il dato sarebbe ancora intorno al 90%, come per altro dichiarato nel 2016 dalla stessa ministra Pohl in un’intervista. La contaminazione da arsenico può provocare all’organismo danni di diversa entità, da irritazioni a stomaco, pelle, intestino e polmoni alla riduzione della produzione di globuli bianchi e rossi, fino ad arrivare a favorire lo sviluppo di tumori alla pelle, ai polmoni e al fegato. Dati sugli impatti non sono disponibili ma secondo il El Foro del Agua, una coalizione di oltre 100 organizzazioni e gruppi comunitari, la situazione sarebbe critica, la peggiore di tutto il Centro America.
Nessun diritto all’acqua.

Per risolvere la questione idrica salvadoregna è necessario uscire dall’empasse legislativa che dal 2006 sta bloccando l’emanazione di quadro legislativo sul diritto all’acqua e la gestione idrica.
«In Salvador non c’è una legge generale dell’acqua», racconta Mario Nelson Ayala Sosa, presidente dell’Associazione “Agua Comunitaria” del municipio di Suchitoto.  «Ognuno fa quello che vuole. Le grandi imprese, come Coca-Cola, sfruttano l’acqua senza pagarla, la produzione di canna da zucchero si beve tutte le risorse, mentre le grandi imprese di agrochimica, i produttori di batterie come BAES e l’industria mineraria contaminano le acque con piombo e arsenico».
La legislazione in materia idrica (la General Water Law) sostenuta dai movimenti sociali ha languito per anni nell’Assemblea legislativa del Salvador. «Sono quasi due decadi che i movimenti popolari salvadoregni si battono per ottenere il diritto all’acqua per tutti», continua Sosa.
Introdotta nel 2006 e sostenuta dal Fronte Farabundo Martí per la Liberazione Nazionale (FMLN), il partito di sinistra salvadoregno, la General Water Law ha dovuto scontare una forte opposizione da parte delle destre, guidate dal partito conservatore ARENA, che hanno sempre fatto mancare i numeri necessari per l’approvazione.
Dopo la sconfitta del FMLN alle elezioni parlamentari del 2018, il blocco conservatore ha colto l’occasione presentando una controproposta legislativa fortemente orientata alla privatizzazione. Questa legge vuole istituire un consiglio di cinque membri la regolamentazione e gestione dell’acqua. Uno dei posti sarà selezionato dal presidente di El Salvador, due dall’Associazione Nazionale delle Imprese Private (ANEP), e due dall’Organizzazione dei Municipi, uno per partito politico. Dando così la maggioranza in mano alla destra e alle imprese private, entrambe sostenitrici della deregolamentazione dei controlli e la privatizzazione della risorsa. Secondo Ayala Sosa « Il controllo sulla qualità dell’acqua finirà sotto il controllo del settore privato invece che dello Stato».
Per fermare l’eventuale approvazione parlamentare le associazioni, sindacati e università sono scesi in piazza a giugno, costringendo i politici di Arena a mettere temporaneamente nel cassetto la proposta.  «Però la legge per privatizzare i sistemi idrici potrebbe tornare in aula nel 2019, dopo le elezioni presidenziali, qualora ARENA consolidasse il risultato elettorale di marzo, ottenendo il pieno controllo del paese», continua Ayala Sosa.
La situazione è precipitata nuovamente in agosto, a causa di una prolungata siccità. Le autorità del Salvador hanno dichiarato l’allarme rosso nel tentativo di garantire la fornitura di cibo nell’ambito della forte siccità che ha colpito il paese per un mese. La siccità, perdurata fino a Settembre, ha colpito la produzione nazionale di mais, mettendo molti agricoltori in ginocchio. Le alte temperature, spesso intorno ai 41 gradi, hanno lasciato molte famiglie senza acqua. La produzione di energia elettrica a causa della scarsità idrica, è stata dimezzata. La gente è scesa in piazza per ribadire l’opposizione ad una proposta di legge a favore della privatizzazione. «Se non c’è acqua per i poveri, non ci sarà pace per i ricchi!», è stato lo slogan scandito ripetutamente durante le manifestazioni nella capitale. Sindacati, chiese, università e associazioni, sono tornate in strada esortando i legislatori a mettere definitivamente da parte il disegno di legge sulla privatizzazione e a ricominciare la discussione sul disegno di legge sponsorizzato dall’FMLN. Ma per la destra la partita rimane aperta.
Salvare il Cerrón Grande

Mentre la riforma legislativa rimane in stallo, l’emergenza idrica continua. E il Cerrón Grande potrebbe avere un ruolo importante. «Questo lago artificiale è un immenso depuratore naturale, fonte di sostentamento per la pesca e di turismo per gli abitanti delle sue sponde», spiega Enrico Garbellini, capo progetto della Ong ISCOS, che sostenuta dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) lavora dal 2016 per tutelare il Cerrón Grande, favorendo una gestione sostenibile e partecipata della zona umida.
«Serve applicare la convezione Ramsar sulle zone umide d’importanza internazionale e riformare la governance ambientale, realizzando un piano strategico per salvaguardare i 135 kmq del lago», continua Garbellini. Per fare questo le comunità locali hanno iniziato insieme alla cooperazione una serie d’interventi per controllare le specie invasive e la qualità dell’acqua, portando allo stesso tempo sviluppo economico. Oltre la pescicoltura e l’agroecologia, Iscos promuove lo sviluppo del turismo a fini ambientali. La cooperativa turistica ha creato decine di posti di lavoro, formando guide nautiche per visitare il lago, che svolgono il ruolo di vere e proprie sentinelle ambientali. Inoltre è stata consegnata una chiatta che sarà utilizzata per controllare il giacinto d’acqua e sono stati fatti interventi per fermare la crescita del cormorano. Infine per contenere il pesante influsso di pesticidi e diserbanti, Iscos promuove attività agroecologiche che coinvolgono 120 piccole unità di produzione famigliare nelle zone limitrofe al lago, riducendo l’impatto sull’area umida.


 

Condividi l'articolo: