I sindacati italiani di fronte al golpe 

Condividiamo l’intervento del nostro socio e collaboratore Gianni Alioti al Convegno Santiago-Torino-Santiago realizzato al Polo del ‘900 di Torino l’11 ottobre 2023.

Nel giorno del golpe militare in Cile e dell’uccisione di Salvador Allende lavoravo come operaio alla Galante, un’azienda metalmeccanica di Genova – Isoverde che occupava oltre 300 persone. Ero un giovane rappresentante del Consiglio di Fabbrica, eletto l’anno prima, e iscritto alla FLM. All’incredulità iniziale e allo sgomento per le notizie che arrivavano da Santiago subentrò tanta rabbia e tanta voglia di reagire.

Il Cile, nonostante la distanza geografica, lo sentivamo vicino. E nel nostro immaginario collettivo, l’esperienza di “transizione democratica al socialismo” del Governo di Unidad Popular guidato da Salvador Allende, rappresentava una speranza di cambiamento sul piano politico e sociale, non solo per l’America Latina, ma anche per il nostro paese. L’interruzione violenta di questa esperienza era, quindi, un colpo doloroso che ci feriva tutti.

La reazione del mondo sindacale

Molteplici furono le manifestazioni sindacali promosse unitariamente in quei giorni in diverse città (tra cui anche Genova e Torino), che raccolsero prontamente l’invito della FLM a manifestare per la libertà del Cile. Straordinaria quella realizzata a Milano la sera del 14 settembre alla quale parteciparono oltre cento mila persone. Numerose furono anche le assemblee nelle fabbriche, le prese di posizione delle strutture di base, le iniziative spontanee. Come lo sciopero organizzato autonomamente dai portuali genovesi il 12 settembre e il corteo (carico di tensione), verso il consolato cileno, realizzato il giorno dopo. La Federazione nazionale di CGIL CISL UIL, il 13 settembre aveva espresso una ferma condanna nei confronti del colpo di stato ad opera dei militari cileni. Ma la decisione di uno sciopero di solidarietà di soli 15 minuti per il 21 settembre, ai più era apparsa tardiva e insufficiente. Ebbe, comunque, il merito di unificare e generalizzare in tutto il paese, in tutti i luoghi di lavoro, in tutte le categorie la risposta dei sindacati italiani al colpo di stato in Cile. Inoltre, va riconosciuto – a distanza di tempo – che l’azione della Federazione CGIL CISL UIL verso il Governo italiano e verso l’opinione pubblica, fu comunque decisiva per assicurare il diritto di espatrio e l’asilo politico ai cittadini cileni rifugiatisi nelle ambasciate, in particolare in quella italiana. Come testimonia nel suo libro Alberto Tridente, dopo pochi giorni dal golpe arrivavano notizie di esecuzioni sommarie, di sequestri e sparizioni di oppositori. E l’Ambasciata Italiana a Santiago (autorizzata dal ministro degli Esteri, Aldo Moro), aveva aperto le porte agli innumerevoli politici, sindacalisti e gente comune che fuggivano dalla repressione dei militari. Inoltre, l’Italia sarà anche uno dei pochi paesi che mai riconosceranno il Governo di Pinochet.

La mobilitazione sindacale nei primi mesi dopo il golpe (ricordiamo anche la grandiosa manifestazione europea in solidarietà con il Cile del 18 novembre 1973 a Torino, promossa dalla FLM territoriale) ebbe come primo obiettivo il rilascio dei sindacalisti arrestati e la salvaguardia della vita per il maggior numero di persone. Il secondo obiettivo fu quello di organizzare l’accoglienza alla moltitudine di rifugiati che, nell’autunno del 1973, arrivarono in Italia. Il terzo obiettivo fu il sostegno ai sindacalisti cileni, affinché potessero continuare la loro attività di rappresentanza, seppure in esilio. Vennero accolti Luis Figueroa, Manuel Bustos, Héctor Cuevas e tanti altri leader sindacali cileni. La solidarietà vide protagonisti i lavoratori nelle fabbriche con la raccolta di fondi per aiutare la ricostruzione del sindacalismo cileno dopo il colpo di Stato, attraverso la Coordinadora Nacional Sindical organizzata nel 1975 da Manuel Bustos. L’azione dei sindacati italiani per il Cile non fu “un fuoco di paglia”, ma si sviluppò negli anni. Nel novembre del 1975 si tenne ad Atene una ‘Conferenza Internazionale di solidarietà con il Cile’. Emilio Gabaglio prese la parola a nome della federazione nazionale CGIL CISL UIL, ricordando le grandi manifestazioni di protesta contro la giunta militare di Pinochet degli ultimi due anni, le azioni di boicottaggio sulle merci cilene, nonché l’intensa solidarietà materiale dei lavoratori italiani per il popolo cileno e per i sindacalisti della CUT, con una mobilitazione capace d’incidere sull’atteggiamento del Governo italiano nei riguardi del regime. 

Campagna di boicottaggio contro la Giunta militare Cilena

La pressione sindacale, peraltro, si esercitò anche verso la FIAT affinché non accettasse l’invito della giunta di Pinochet per costruire una fabbrica di automobili in Cile. E sulla spinta degli esuli cileni e d’intesa con la rappresentanza della CUT in Italia, i sindacati confederali posero anche la questione del boicottaggio economico del regime militare. Le federazioni unitarie dei lavoratori metalmeccanici e chimici (FLM e FULC), identificarono le fabbriche italiane (tra cui la Pirelli) che lavoravano il rame cileno e avviarono consultazioni con le strutture sindacali interessate. Alberto Tridente, responsabile dell’ufficio internazionale della FLM organizzò un corso specifico dei delegati degli stabilimenti della LMI del Gruppo Orlando, con la presenza di esuli cileni e di attivisti sindacali dell’azienda che effettuava il trasporto dei lingotti di rame dai porti di arrivo ai siti di produzione. Verificato che non esistevano problemi che impedissero la sostituzione del rame cileno con quello proveniente da altri paesi, si avviò la campagna di boicottaggio a marzo del 1976.

Il boicottaggio durò qualche mese ed ebbe successo, dimostrandosi un’esperienza vera e concreta di internazionalismo sindacale. Dalle fabbriche di Lucca, Pistoia e Alessandria l’azione diretta del boicottaggio si estese anche in altre fabbriche di Milano, Brescia e Genova. Si arrivò, con il coordinamento dei sindacati confederali, a coinvolgere oltre 10 mila lavoratori tra metalmeccanici, chimici e portuali.

(Manifesto dell’archivio della Fondazione Vera Nocentini – Polo del ‘900)

La campagna per il boicottaggio del rame cileno fu uno dei temi principali discussi nella conferenza nazionale di solidarietà con la CUT cilena, organizzata a Genova il 24 e 25 settembre 1976 dalla Federazione CGIL CISL UIL, insieme alla denuncia della violenza della dittatura, delle migliaia di prigionieri «scomparsi» e della grave crisi economica e sociale che aveva colpito «la classe lavoratrice e le masse popolari cilene».
Anni dopo, nel 1980 i sindacati italiani aderirono alla settimana di lotta contro il regime fascista cileno indetta dalla Federazione Internazionale dei Trasporti, che vide una forte mobilitazione dei lavoratori marittimi e portuali. E nell’anniversario dei dieci anni dal golpe, nel settembre del 1983 ci fu a Milano una grande manifestazione nazionale dei sindacati confederali, conclusa in Piazza Duomo con gli interventi di Lama, Carniti e Benvenuto.

Iscos e il progetto Alborada

Negli anni successivi si continuò l’azione unitaria di solidarietà in Italia (anche dopo la fine della Federazione CGIL CISL UIL nel 1984) e il sostegno alla ricostruzione sindacale in Cile, veicolato attraverso gli istituti di cooperazione internazionale promossi dai sindacati. Da un lato continuava l’impegno di CGIL CISL e UIL nel sostegno economico all’operatività del sindacalismo cileno e nell’area della formazione, attraverso corsi e seminari rivolti a sindacalisti cileni o corsi professionali; dall’altro iniziava una cooperazione diretta in Cile (gestita da Iscos, Progetto Sud e Progetto Sviluppo) indirizzata all’area della comunicazione e della stampa, con la finalità di sostenere e ampliare quei pochi spazi di libertà d’informazione esistenti e non controllati dalla dittatura militare. Presero avvio sia i progetti di sostegno alle radio di opposizione, in particolare Radio Cooperativa e Radio Chilena, sia il progetto gestito da Iscos (CISL) per la creazione di un grande centro di produzione grafica ed editoriale: il mitico progetto “Alborada”. In quella tipografia cominciarono a essere stampati i primi manifesti, il primo quotidiano di opposizione (Fortin Mapocho) e in seguito altri (La Epoca, El Siglo), i settimanali (Apsi, Hoy, Cauce) e le riviste (Analisis, Convergencia etc.)… Alborada diede un contributo decisivo per vincere il referendum del NO a Pinochet nel 1988 e nel 1990 per l’elezione di Patricio Aylwin alla presidenza del Cile. Tarcisio Benedetti, che fu il cooperante in loco e direttore di “Alborada”, poco prima di lasciarci per sempre nella primavera del 2021, ha fatto in tempo a raccontarci la sua vita e, soprattutto, questa sua straordinaria esperienza in Cile, pubblicata a fine 2020 nel libro di Edizioni Lavoro “Alborada, la tipografia della libertà”, con l’introduzione di Alberto Cuevas. Libro che vi invito a leggere! 

Immagine di copertina: dipinto di Eduardo “Mono” Carrasco

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